Maurizio Zanolla, meglio conosciuto come “Manolo”, uno dei più grandi arrampicatori italiani e pionieri del free climbing a livello mondiale, è stato protagonista al centro sportivo Ovan di Vivaro e a San Quirino.
Un personaggio che ha fatto la storia della moderna arrampicata, rivoluzionando il mondo dell’arrampicata sportiva con il suo approccio innovativo e dedicando la sua vita alla montagna e all’esplorazione di nuove vie, guadagnandosi il rispetto della comunità internazionale per la sua abilità, determinazione e filosofia.
“Atleta inarrivabile, modesto nel suo quotidiano – ha commentato il vicesindaco Alessandro Ferluga. Un’esperienza davvero interessante: un ringraziamento particolare a Claudio Vettor, personale amico di Manolo“.
Ospite nella cantina di Monica Vettor, ha presentato la propria autobiografia “Eravamo immortali”, raccontandosi a un pubblico attento.
Il libro racconta di un ragazzo cresciuto in un ambiente che vedeva le montagne solo come fonte di pericoli e che un giorno, quasi per caso, ha scoperto il fascino della roccia. “Vivevo in una bolla isolata, non sapevo cosa c’era fuori dal mio mondo. Non ho mai sofferto di solitudine perché sono sempre stato così. Avevo scalato gli alberi, ma mai una parete”, ha confidato.
Così, al rumore della fabbrica e a una quotidianità alienante, si è sostituito il silenzio delle vette. “Ero nato in montagna, ma nessuno conosceva la montagna, nessuno la frequentava”.
La sua passione per l’arrampicata iniziò da autodidatta, esplorando le rocce vicino a casa. “È strano che io abbia iniziato a scalare. Per me era un’avventura vera. Ho avuto 3 maestri nella mia vita” racconta Zanolla.
All’inizio degli anni ’70, Manolo si avvicinò all’arrampicata classica, scalando alcune delle più famose pareti delle Dolomiti. Ben presto, comprese che la sua vera vocazione era cercare di spingere i limiti fisici e mentali dell’arrampicata.
“Tu hai segnato un’epoca” ha dichiarato il giornalista Paolo Michelutti, moderatore della presentazione.
Infatti, negli anni ’80, Manolo abbracciò completamente il free climbing, una disciplina che permette agli arrampicatori di scalare utilizzando solo le proprie mani e piedi, senza ausili tecnici come chiodi o staffe, se non per protezione in caso di caduta. “Gli alpinisti guardano le montagne in modo diverso: non usavo i chiodi, ma mi davano una sorta di conforto morale, quasi di sicurezza” ha rivelato l’autore.
Questo nuovo approccio all’arrampicata non solo richiedeva una straordinaria forza fisica, ma anche un’elevata concentrazione mentale e una profonda connessione con la montagna. “Le montagne le ho sempre avvertite fragili. Tovo ancora oggi emozionante ancora toccare la pietra”.
Per lui, l’arrampicata è una forma d’arte, un dialogo continuo tra l’uomo e la natura. La presenza dell’acqua, all’interno dell’autobiografia, è centrale: “ho rischiato più volte di annegare. Ricordo le trote, il nonno e il rumore del torrente” ha raccontato Manolo.
Ha infatti sempre privilegiato l’aspetto più introspettivo e personale dell’arrampicata. Nelle sue interviste e nei suoi scritti, sottolinea spesso l’importanza della libertà individuale e della ricerca di un equilibrio interiore.
“Nel racconto ho raccolto solo le emozioni”, ha confermato l’atleta.
La serata ha lasciato un segno profondo nei cuori di coloro che hanno avuto la fortuna di prenderne parte, perché si è trasformata in un viaggio intimo, durante il quale le parole di Manolo hanno risuonato tra i presenti come una musica dolce e malinconica.
Per Claudio Vettor, amico di lunga data di Manolo, è stata un’occasione per rivivere i ricordi di avventure condivise e di ascoltare, ancora una volta, quella voce che parla con amore e rispetto delle montagne, ma anche di vita, coraggio e solitudine. La straordinaria carriera del suo amico si è intrecciata con la sua, con umiltà e autenticità, qualità che li hanno sempre accomunati.
Il calore e l’accoglienza di Monica Vettor hanno permesso a Manolo di esprimersi liberamente, di raccontarsi con sincerità e di condividere quelle emozioni che lo hanno accompagnato per tutta la vita. E, proprio come una via di arrampicata che si apre verso l’alto, l’incontro ha lasciato a tutti una sensazione di arricchimento interiore, come se il silenzio delle vette e la magia delle rocce fossero giunti fino a loro, attraverso le parole di un maestro che, pur spingendosi sempre oltre, non ha mai dimenticato le sue radici.